Criteri per la scelta del grassello di calce
Il grassello di calce, uno dei leganti più apprezzati e conosciuti nella storia dell’Architettura. Il grassello si presenta come una pasta di calce aerea, densa, ricca d’acqua che appare “untuosa” al tatto.
Contrariamente a quanto si pensa, il grassello è tutt’oggi reperibile in commercio, dato che sono numerose in Italia le fornaci da calce che ancora lo producono e lo commercializzano in secchi e o buste di plastica chiuse ermeticamente. Tuttavia, a fronte di questa offerta, permangono da parte degli utilizzatori molti dubbi e difficoltà nella scelta di grasselli di ‘qualità’, da utilizzarsi nei diversi impieghi: malte, intonaci, pitture murali, ecc. Per esempio, ai più, non è chiara la differenza tra un grassello calcico e un grassello dolomitico e, a parità̀ di chimismo, come distinguere e apprezzare un grassello invecchiato in fossa da quello insaccato all’uscita dell’idratatore e, ancora, il significato di calce grassa e di calce magra ecc.
Gli aspetti normativi: ovvero come distinguere un grassello in base alla lettura della scheda tecnica
Tra i grasselli di calce oggi in commercio, è possibile distinguere alcune tipologie tramite la semplice lettura dei dati contenuti nella scheda tecnica fornita dal produttore e dei dati riportati nell’etichetta applicata sui contenitori di vendita, dati, questi, obbligatori per legge e che dovrebbero accompagnare ogni prodotto presente sul mercato.
A tale fine è utile conoscere quanto riportato dalla normativa tecnica europea sulle calci da costruzione, poiché è proprio tale normativa che regola l’etichettatura delle calci. La norma di riferimento è la norma europea UNI EN 459‐1:2015, diffusa dal nostro ente nazionale di unificazione (UNI). In questo testo, che ha ad oggetto le “definizioni, specifiche” e i “criteri di conformità” delle calci da costruzione, la classificazione dei diversi prodotti avviene a partire dalle caratteristiche chimiche e fisiche dei materiali, che vengono evidenziate tramite delle semplici sigle di riconoscimento. La normativa prevede, più in particolare, che se un grassello è prodotto con calce calcica, la sigla di riferimento riportata nell’etichetta debba iniziare con le lettere “CL”, poste ad indicare una Calcic Lime, ossia una calce puramente costituita da ossido o idrossido di calcio. Diversamente, se un grassello è prodotto con una calce dolomitica, la sigla stampigliata sul contenitore di vendita deve iniziare con le lettere “DL”, poste ad indicare una Dolomitic Lime, ossia una calce contenente anche ossido o idrossido di magnesio.
Immediatamente dopo questa sigla, la normativa prevede che debba essere posta l’indicazione della percentuale totale degli ossidi presenti nel prodotto. Percentuale che può variare dal 70, all’80, al 90% per le calci puramente calciche (CL), e dall’80 all’85% per le calci magnesiache (DL); nel considerare tali percentuali è bene, però, tenere presente che anche nelle calci puramente calciche può essere presente una minima quantità di magnesio, che deve essere comunque inferiore al 5%. Ne deriva che la differenza reale tra una CL 70, una CL 80 e una CL 90 è data principalmente dalla presenza delle altre impurità presenti, oltre al magnesio, quale ad esempio i carbonati, che possono formarsi per reazione di una parte dell’idrossido con l’aria delle vasche di stagionatura o dei contenitori di vendita.
Una buona calce da restauro è, dunque, una CL 90 che, secondo la normativa, deve contenere il 90% di ossidi di cui meno del 5% di magnesio e meno del 4% di carbonati. Similmente, anche per le calci magnesiache (DL) è possibile distinguere tra prodotti più o meno adatti al restauro e, in particolare, è possibile affermare che, in base alle specifiche riportate dalla normativa, sono preferibili le DL 85 che devono contenere, oltre a una percentuale di ossidi superiore all’85% (di cui, però, più del 30% di magnesio), anche un contenuto di carbonati non superiore al 7%.
L’ultima indicazione fornita dalla normativa per l’etichettatura delle calci, riguarda la forma chimica e fisica in cui queste vengono vendute. Per i grasselli, in particolare, l’etichetta deve sempre comprendere la sigla “S” o “S2” immediatamente dopo l’indicazione della percentuale di ossidi. La lettera “S” indica infatti che nelle confezioni di vendita è contenuta della calce spenta che, a seconda delle modalità di spegnimento e delle caratteristiche chimiche del prodotto, può essere semi‐idrata (“S1”; calci in polvere magnesiache) o completamente idrata (“S” quando si tratta di grasselli calcici e “S2” quando si tratta di grasselli magnesiaci). Sintetizzando quanto sopra detto è, dunque, possibile affermare come la scelta di una calce possa essere effettuata, innanzitutto, verificando l’etichetta sulle confezioni. Sigle quali EU 459‐1 CL 90 S, sono associabili a una calce puramente calcica (CL) con più del 90% di idrossidi, oppure, EN 459‐1 DL 85 S2, indicano come il prodotto sia costituito da una calce dolomitica (contenente, cioè, più del 30% di magnesio) che al termine della cottura aveva almeno l’85% di ossidi, completamente trasformati in idrossidi dopo la stagionatura ecc. Al fine di non incorrere in prodotti difformi da quelli a norma di legge, sarebbero da sconsigliare i grasselli nella cui confezione e/o scheda tecnica sono riportate sigle e/o indicazioni poco chiare.
Ciò non risolve completamente il problema della valutazione qualitativa dei grasselli di calce che, come verrà specificato nel seconda parte di questo contributo, è possibile solo tramite una serie di analisi di laboratorio che, però, non è sempre possibile effettuare a causa dei tempi e dei costi di realizzazione.
Le prescrizioni contenute nella normativa europea in merito all’etichettatura delle calci da costruzione e le schede tecniche dei prodotti consentono, comunque, di fare già una prima selezione dei prodotti, e per l’uso di tali strumenti sono necessari solo una buona conoscenza delle caratteristiche generali del prodotto “calce” e una buona conoscenza delle normative che ne regolano la commercializzazione.